Vista del Lago a Lecco |
Alessandro Manzoni |
Con questo delizioso ricordo voglio cominciare la mia avventura fra le stradine di Lecco, solcate da monti e ruscelli che attraversano la città. Una metropoli nuova, niente da invidiare ad altre grandi città che la circondano (Milano, Como, Bergamo...). Il Manzoni ne era profondamente rapito dalla bellezza di questi luoghi. Bellezza che col tempo è mutata dalla tecnologia e dalla ricchezza urbanistica, ma che ha conservato il suo incanto negli occhi dei visitatori. Chi non conosce Lecco non può capire tale trasporto, quello che crea all'immaginazione, rapisce il cuore e gli occhi. Vedendo questo grande paesino accucciato sotto grandi rocce, le montagne che la proteggono e la nascondono, come per conservare la sua bellezza naturale per donare allo straniero una visuale pura e incontaminata dal progresso.
La villa del Caleotto appartenuta alla famiglia Manzoni |
Ma come ha fatto a staccarsi di tanta grazia agli occhi?
Si sa da sempre che lo scrittore ha bisogno di grandi fonti d'ispirazione per comporre le propie odi, ma pare che Lecco, nel suo cuore ha sempre viaggiato con esso, col suo bagaglio nel cuore.
Gli anni lecchesi di Alessandro Manzoni, i suoi primi venti, costituiscono il periodo della sua vita di cui si conosce di meno: anzi, esclusi pochissimi aneddoti, tutti riferiti da altri e qualche lettera, dei primi anni dello scrittore non è rimasto quasi nulla.
I dati sono talmente labili che si potrebbe perfino dubitare del suo lungo soggiorno a Lecco se non fosse per un tesimone indiscutibile, Manzoni stesso che, nel capitolo iniziale del Fermo e Lucia, la prima stesura del romanzo rimasta a lungo inedita, scrive in proposito:
"...La giacitura della riviera, i contorni, e le viste lontane, tutto concorre a renderlo
un paese che chiamerei uno dei più belli del mondo, se avendovi passata gran
parte dell'infanzia e della puerizia, e le vacanze autunnali della prima giovinezza,
non riflettessi che è impossibile dare un giudizio spassionato dei paesi a cui sono
associate le memorie di quegli anni"(...).
L'infanzia, l'adolescenza e le vacanze autunnali, fino ai venti anni, insomma tutto il periodo della vita che ci lega indissolubilmente ad un luogo per sempre, un posto di cui conosciamo ogni cosa, la luce del cielo nelle giornate di vento, il colore del lago d'inverno, i nomi di tutte le montagne:
"...Cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non
meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo
scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul
pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio"(...).
I promessi sposi |
Gabbianelle |
Piazza del centro, Lecco |
Mezzo di trasporto del 1600, attribuito all'episodio di Lucia che abbandona le terre natie |
Nel 1818 il Manzoni delega lo zio, Giulio Beccaria, suo procuratore generale, di vendere tutte le sue propietà a Lecco, la casa in via Morone a Milano, e la villa di Brusuglio, ereditata dalla madre. Cambiamenti repentini e radicali come questo contrassegnano tutta la sua vita e sgorgano all'improvviso, ma si tratta dello sbocco di percorsi interiori. Propio in questi anni egli vive una delle sue più profonde crisi esistenziali, una crisi che, forse, si illude di risolvere tagliando ogni legame col passato e con l'Italia trasferendosi in Francia.
"Quella Francia che" come aveva scritto nel 1810 "non si può abbandonare senza che al ricordo di averla abitata (...) non si mescoli (...) una profonda sensazione d'esilio" (...).
Monumento dedicato ad Alessandro Manzoni con le scene de "I promessi Sposi" Lecco |
Le trattative su queste ulteriori vendite vanno per le lunghe, Manzoni esce dalla profonda crisi in cui si ritrova, ma, ormai, la vendita della villa del Caleotto è perfezionata e non si può tornare indietro (venduta alla famiglia Scola, che non avendo eredi la donò al Comune di Lecco e ne fece un museo in ricordo dell'illustre compaesano).
Stefano Stampa, il suo figliastro, autore di una documentatissima biografia del patrigno, scrive parlando del finale dei Promessi Sposi: "Egli (Manzoni) sentì fortemente un'invidia mentale verso de' suoi stessi personaggi, se li avvesse fatti vivere felici nel loro delizioso territorio, nel quale egli possedeva quella casa da lui tanto amata. E lì trasportò nel Bergamasco, come Lui da Lecco si era trasportato a Brusuglio".
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